Editorial 24 Marzo 2017 by Luigi Brighigna

Braque, un campione mai dimenticato

 

Chi sia stato il purosangue Ribot non è un mistero per nessuno, tale è la fama che il cavallo italiano si procurò durante la carriera agonistica, nella quale non fu mai sconfitto, tanto da meritarsi dopo la seconda vittoria consecutiva nel Prix de l'Arc de Triomphe la qualifica di 'le meilleur cheval du monde' dalla stampa francese.

Nessun appassionato di ippica o frequentatore di ippodromi ignora altresì il nome di Nearco, non foss'altro per il presenza del figlio di Pharos e Nogara, anch'egli  imbattuto nella carriera, in tutte le genealogie dei vincitori di gruppo tramite Neartic, Northern Dancer,  Sadler's Wells  e Galileo in una linea che domina, potremmo dire  da sempre il panorama del moderno turf internazionale fino ai nostri giorni. Di Nearco, delle sue imprese, della sua perfezione morfologica, della classe cristallina, ho per ragioni generazionali anagrafiche una conoscenza letteraria e cronachistica.

Al contrario sono pochi coloro che si ricordano di un altro formidabile purosangue uscito dalla fucina di Dormello due anni dopo il figlio di  Romanella:  Braque da Antonio Canale e Buonamica (Niccolò dell'Arca). Anche nel suo caso Federico Tesio  fece ricorso per il nome a quello di un artista, il pittore e scultore  francese Georges Braque, iniziatore  assieme a Pablo Picasso del Cubismo sintetico, l' avanguardia dell'Astrattismo.

Se Nearco fu per me l'interesse storico culturale e Ribot  rappresentò il momento dell'iniziazione ippica sulle ali dell'orgoglio nazionale e dell'entusiasmo istintivo, sia pure  avulzi dalla competenza tecnica non ancora raggiunta, davanti alle sue folgoranti vittorie in terra straniera, Braque è stato  la passione consapevole, l'inizio di un interesse che dura tutt'ora.  Incontrai Braque un mattino albeggiante in quel di Barbaricina, più esattamente nelle scuderie del Carlini, dove era stato trasferito per trascorrervi la pausa invernale  assieme al contingente dei maschi della Razza Dormello Olgiata. Condotto alla lunghina dal lad passeggiava nel tondino, premessa alla consueta uscita mattutina sulle piste del Parco di San Rossore, come un principe; consapevole, così a me parve, d'essere un privilegiato. Era nel gruppo dei coetanei aperto da un anziano, ma era fuori dal gruppo che neppure un orbo avrebbe potuto confonderlo con gli altri puledri.  Il mantello appena strigliato era lucido, mettendo in risalto la struttura agile e possente. Fresco di striglia l'animale  si mostrò in tutti i suoi meriti, mi apparve freddo, come consapevole dei propri mezzi superiori, oggi si direbbe professionale.  In sella ad un cavallo siffatto, pensai, anche uno straccione si sarebbe sentito re. Allora ero poco più di un ragazzo ed è probabile che ci fosse nel mio giudizio della suggestione, ben sapendo chi stessi osservando.  Del resto Braque, per i suoi mezzi e per essere fratellastro di due soggetti derbywinner come Botticelli e Barbara Sirani, era già considerato il potenziale capofila della sua generazione, che aveva nel compagno di colori  Grigoresco, un soggetto precoce presto eclissatosi dopo la sconfitta nel Parioli.  E dopo il passaggio d'età ci fu la conferma dei suoi mezzi superiori: Braque rispose alle speranze giovanili facendo man bassa di tutte le prove del circuito classico nazionale (Derby, Italia, St. Leger Italiano) con una facilità disarmante A queste vittorie seguirono i  successi nel G. P. d'Italia, nel G. P. di Milano e in altre tre prove di minore importanza. La concorrenza non comprendeva, va detto, soggetti di qualità paragonabile: Chitet, Ismone, Etrusque e Sealieu furono di volta in volta i coetanei più validi, ma tutti inesorabilmente dispersi in pista di lunghezze. Non era un azzardo porre Braque sullo stesso livello dei campioni assoluti.  Del resto la stampa tecnica internazionale lo elesse il miglior tre anni del mondo dei nati nel 1957.

Un altro Ribot era nato a Dormello? I paragoni sono sempre ardui, anche se Enrico Camici, che condusse entrambi, affermò di non aver mai richiesto a Ribot più dell'80% del suo potenziale atletico.  Non dubito della veridicità dell'affermazione, ma  ciò non mi esime dall'affermare che Braque fece parte di quella esigua schiera di eletti, padroni assoluti della competizione in qualsiasi momento del suo svolgimento e su qualsiasi distanza.

Angelo Garbati per anni ha avuto il compito della doma dei puledri a Dormello, quindi anche di Ribot e Braque, dei  quali ha vivo il ricordo.  I due, mi dice, esprimevano entrambi capacità fisiche formidabili, ma differivano profondamente nel carattere: Ribot era sempre allegro, vivace, mai stanco. E' storia nota l'episodio della sua fuga in libertà per il Parco di San Rossore. Braque, non fu mai irrequieto, mai creò i problemi che l'altro procurava agli addetti alla sua custodia.  Ma quanto a potenzialità  atletiche Angelo  sostiene che Braque non fu secondo a nessuno.

Le differenze del carattere tra i due si ripercuotevano nel modo di gareggiare. Mentre Ribot accettava di rimanere nel gruppo per poi alla richiesta sparare il suo imparabile allungo, la progressione inarrestabile, il motore di Braque non gradiva le marce basse, le manfrine iniziali.  Se l'andatura risultava inadeguata  prendeva la testa e salutava la compagnia per involarsi solitario, facendo corsa a sé incurante degli avversari. Non penso che Camici abbia mai faticato nel gestire Braque in corsa.

Una nota curiosa a proposito del campione me l'ha suggerita il marchese Niccolo Incisa. Il problema fisico di Braque erano i suoi piedi doloranti: prima della corsa  bisognava ottenerne, si direbbe, un riscaldamento mediante un lungo canter.  Mi viene da pensare per analogia, alla copertura termica delle gomme dei bolidi di formula uno nei preliminari della partenza. 

Franco Varola nel suo 'Il mito di Tesio' dedica brillanti pagine all'analisi minuziosa delle motivazioni che ispirarono la filosofia del mago di Dormello nella triplice veste di allevatore, proprietario e allenatore; filosofia tutta improntata alla valorizzazione dei segmenti dal classico al professionale, con l'obiettivo di ottenere esemplari molto robusti e di alta classe, i soli idonei ad affrontare con successo i grandi confronti internazionali.

Con la progettazione allevatoria di Braque Tesio consegnò all'allevamento italiano l'ultimo  prodotto della sua genialità.

A diminutio del valore di Braque sta un solo fattore: quello di non avere corso fuori dei nostri confini, così sottraendosi al confronto internazionale come avrebbe ampiamente meritato. Ne ignoro le ragioni: se fu fermato per incidenti - non ne ho notizia - e neppure so per quanto tempo fu impiegato come riproduttore. Una improvvisa colica, verosimilmente promossa dalla sua condizione di monorchide, ne causò la rapida morte prematura impedendogli di trasmettere all'allevamento un'eredità di qualità superiore. Certo non ha lasciato traccia significativa, così come accadde per un altro formidabile campione, il Brigadier Gerard,  anche questo praticamente nullo per lo stud.

Non credo di essere lontano dal vero affermando che lo spartiacque costituito dalla morte di Tesio, con la conseguente nomina di Vittorio Ugo Penco ad allenatore privato della scuderia Dormello Olgiata, abbia negato a Braque quelle soddisfazioni internazionali che erano nelle sue effettive possibilità.  Forse parve impossibile e neppure conveniente, a così breve intervallo temporale da Ribot,  il sovrapporsi di un altro mito.

Concludo. All'affermazione di un turfman anglosassone "abbiamo avuto Frankel (Galileo e Kind)" non proverei nessun imbarazzo nel rispondergli "e noi abbiamo avuto Braque."